Esdebitazione e valutazione della soglia di soddisfacimento

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SOCIETA' E FALLIMENTO

Esdebitazione e soglie di soddisfacimento

In caso di fallimento del socio accomandatario dichiarato in estensione per il fallimento della società, l’esdebitazione può essere concessa a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti oppure siano stati soddisfatti ma in percentuale irrisoria. Relativamente alla valutazione della “irrisorietà” del soddisfacimento, verrà rimessa al prudente apprezzamento del giudice. Il giudice però, non può  considerare – nel valutare la “irrisorietà” – unicamente quanto sia stato possibile soddisfare con la liquidazione dell’attivo del solo fallimento individuale.

⇒(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 16263/20; depositata il 30 luglio)


Che cos’è l’esdebitazione, chi può accedervi e come funziona

Introdotta con la Legge 3/2012, l’esdebitazione consente a piccoli imprenditori e liberi professionisti di negoziare con i creditori in caso di sovraindebitamento

Per le medie e grandi imprese in difficoltà economica e con molti debiti in bilancio, la strada del concordato preventivo – così come previsto dal diritto fallimentare – è quella seguita con maggior frequenza. Questa procedura, infatti, consente ai creditori di avere un piano di rientro certo, mentre l’azienda può stabilire un programma che, in qualche maniera, le consenta di sopravvivere e magari rilanciare la produzione con un nuovo piano industriale. Per i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e i liberi professionisti in situazione di forte indebitamento o sovraindebitamento, invece, la strada da seguire è quella dell’esdebitazione.

 

Chi può accedere e come funziona l’esdebitazione

Così come configurata dalla legge, la procedura di esdebitazione può essere messa in atto da quelle attività produttive non assoggettate alla legge fallimentare (i già citati imprenditori agricoli e piccoli imprenditori, i liberi professionisti ma anche i fideiussori che hanno garantito debiti di soggetti falliti) e non più in grado di far fronte ai debiti contratti negli anni precedenti.

 

Chiunque si ritrovi in questa situazione, può ricorrere all’esdebitazione seguendo una delle tre strade previste dalla Legge 3/2012: l’accordo di ristrutturazione dei debiti, la liquidazione del patrimonio, il piano del consumatore.

In caso di fallimento del socio accomandatario, dichiarato in estensione per il fallimento della società, l’esdebitazione può essere concessa a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti oppure siano stati soddisfatti ma in percentuale irrisoria. Relativamente alla valutazione della “irrisorietà” del soddisfacimento, verrà rimessa al prudente apprezzamento del giudice. Il giudice però, non può  considerare – nel valutare la “irrisorietà” – unicamente quanto sia stato possibile soddisfare con la liquidazione dell’attivo del solo fallimento individuale.


 

IL FATTO

Il Tribunale di Ferrara dichiarava il fallimento di una s.a.s. e del socio accomandatario in estensione ex art. 147 l. fall..

Chiuso il fallimento il debitore chiedeva l’esdebitazione ex art. 142 l.f.

La domanda veniva rigettata dal giudice delegato perché le percentuali di soddisfacimento dei creditori non erano considerate sufficientemente satisfattive.

Anche il reclamo del debitore veniva respinto dalla Corte d’Appello.

 

RICORSO IN CASSAZIONE

Con il primo motivo di ricorso il debitore solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 142 l. fall. perché la norma sarebbe stata introdotta nel nostro ordinamento per eccesso di delega.

Secondo la parte infatti la legge delega n. 80/2005 non prevedeva, né forniva indicazioni sulle soglie di soddisfacimento da considerare.

Secondo la Corte la questione è manifestamente inammissibile dato che la giurisprudenza stessa ha più volte escluso di dover considerare soglie minime di soddisfacimento nell’applicazione dell’art. 142 l. fall..

In altre parole, spiegano gli Ermellini, l’esistenza di soglie postulerebbe una formulazione specifica, mentre la disposizione del secondo comma dell’art. 142 l. fall. è clausola generale rimessa al prudente apprezzamento del giudice (così Cassazione Sezioni Unite n. 24214/2011).

Non vi è stato quindi nessun eccesso di delega nella formulazione dell’art. 142 l. fall..

Sotto altro profilo la Corte ricorda che per la valutazione di eventuali “eccessi” nei rapporti tra legge delega e norma delegata occorre confrontare la ratio complessiva della delega e verificare se la norma delegata è coerente con essa.

Di fatto non sono esclusi margini di discrezionalità in favore del legislatore delegato, ma l’importante è che siano rispettati i principi e criteri direttivi della legge delega e le finalità cui essa tende.

Nel caso di specie i giudici ritengono coerente la disciplina dell’esdebitazione con i principi e criteri direttivi della delega poiché l’istituto contempera l’esigenza di “reimmettere” sul mercato una nuova attività imprenditoriale con la concorrente necessità di un soddisfacimento (almeno parziale) dei creditori anteriori.

 

La Cassazione accoglie invece il secondo motivo di ricorso con il quale il debitore aveva contestato il ragionamento dei giudici di merito in ordine alle percentuali di soddisfacimento ritenute non sufficienti per ambire all’esdebitazione.

In particolare, le Sezioni Unite (con la pronuncia 24214/2011) avevano precisato che il soddisfacimento almeno parziale dei creditori previsto dall’art. 142 l. fall. deve intendersi realizzato anche quando alcune categorie di creditori non hanno ricevuto alcunché in sede di riparto.

La valutazione di tale presupposto è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve però essere orientato al favor debitoris.

Sarebbe quindi possibile escludere l’esdebitazione solo se i creditori sono rimasti totalmente non pagati o se sono stati pagati con percentuali irrisorie.

Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva stimato non sufficiente il soddisfacimento perché aveva considerato l’attivo ricavabile dal solo fallimento individuale.

Al contrario nel caso di fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile di società di persone non è sufficiente considerare solo quanto ricavabile dall’attivo della singola persona fisica.

Il riferimento ai “creditori concorsuali” dell’art. 142 l. fall. comprende infatti anche quelli della società.

Pur rimanendo distinte le procedure (fallimento sociale e fallimento individuale), il credito dei creditori sociali dichiarato nel fallimento della società si intende dichiarato anche in quello del fallimento dei singoli soci come dispone l’art. 148 l. fall..

Diversamente gli eventuali creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.

In altri termini, mentre il credito ammesso al passivo della società si riferisce anche al fallimento dei singoli soci, quello riferito al singolo socio non può essere ammesso al fallimento della società.

La Corte spiega inoltre che il creditore sociale ha così diritto di partecipare a tutte le ripartizioni e il previo soddisfacimento del creditore sociale non è irrilevante per il fallimento del singolo socio dato che può partecipare al riparto relativo solo per la parte residua.

I Giudici di merito avrebbero quindi dovuto indagare tale aspetto e spiegare adeguatamente perché la percentuale è stata giudicata irrisoria dato che si è presa in considerazione la sola liquidazione del fallimento personale.

La Cassazione rinvia quindi alla Corte d’appello in diversa composizione affinché giudichi attenendosi ai principi enunciati.

fonte deJure


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