News/Rivoluzione industriale 4.0; innovazione tecnologica e diritto del lavoro

Diritto del lavoro, le conseguenze della c.d. rivoluzione industriale 4.0

Un contributo sulla c.d. rivoluzione industriale 4.0 nel quale vengono illustrate le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro (dai livelli occupazionali ai profili assicurativo-previdenziali), con un interessante sguardo sul futuro.

Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro: dai livelli occupazionali ai profili assicurativo-previdenziali

 

Le scoperte tecnologiche stanno trasformando fondamentalmente il mercato globale del lavoro, spostando le frontiere tra i lavori svolti dalle macchine e quello svolto dagli uomini. Oggi, non solo le macchine eseguono i comandi manuali impartiti dall’uomo ma possono anche essere in grado di manifestare capacità di apprendimento e/o di determinazione di scelte proprie.
Queste trasformazioni, se gestite bene, potranno portare a un miglioramento del lavoro, delle condizioni di lavoro e della qualità di vità dei lavoratori. Se gestite male, invece, potrebbero portare a quello che l’economista John Maynard Keynes, già negli anni trenta, definiva con l’espressione “disoccupazione tecnologica”, ampliare il divario sociale e aumentare le inequità.
Eppure, secondo quanto evidenziato dallo studio sul futuro del lavoro pubblicato nel 2018 dal World Economic Forum (WEF), entro il 2022 si prevede una perdita di circa 75 milioni di posti di lavoro mentre 133 milioni sarebbero i nuovi posti lavorativi creati dall’evoluzione tecnologica.
Questi dati devono, peró, essere letti con molta precauzione in quanto sono estimazioni basate su presunzioni globali ma evidenziano come sia necessario una trasformazione del lavoro e del contesto lavorativo che vada di pari passo con l’evoluzione delle tecnologie.
Ma l’evoluzione tecnologica non influisce soltanto sui livelli occupazionali, essa può infatti incidere anche sui costi previdenziali. Così, con riferimento al mancato versamento nelle casse previdenziali che risulterebbe dall’impiego di intelligenze artificiali al posto dei lavoratori, Bill Gates sosteneva: “se un lavoratore umano guadagna 50mila dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello”. Allo stesso tempo, in vari casi, le macchine possono affiancare l’uomo nello svolgimento di attività lavorative, contribuendo così alla riduzione di costi previdenziali per infortuni e malattie del lavoro.

Quale lavoro per il futuro?

Secondo le fonti più allarmiste, il processo di trasformazione del mercato del lavoro, anche riferito come rivoluzione industriale 4.0, potrebbe avere come conseguenze la “disoccupazione tecnologica di massa, obsolescenza di professionalità e competenze, aggravamento del già marcato disallineamento tra domanda e offerta di lavoro”.
Se è vero che secondo alcune stime il 47% dei mestieri che conosciamo oggi sono destinati a scomparire, questo fenomeno dovrebbe essere accompagnato dalla corrispondente nascita di nuove occupazioni. Così dall’inizio della rivoluzione industriale l’innovazione tecnologica, oltre a rendere il lavoro più sicuro e aumentare la produttività, ha fatto sparire molti mestieri, forse allora anche più dei 47% che si proggettano per la rivoluzione industriale 4.0, ma a questi lavori spariti si sono sostituiti nuovi tipi di lavoro, e il tasso complessivo di occupazione è sempre aumentato.

Peraltro, quando l’economista Keynes parlava di disoccupazione tecnologica, come accennato, la definiva come “la disoccupazione nata dal fatto che scopriamo nuovi modi per risparmiare lavoro a una velocità superiore di quella alla quale scopriamo nuovi modi per impiegare il lavoro; ma è soltanto un disallineamento temporaneo”.
La rivoluzione industriale 4.0 non è quindi la fine del lavoro ma un periodo di transizione verso nuovi modi di guardare al lavoro che passa altresì da un cambio di mentalità. È fondamentale quindi rinnovare i percorsi formativi e il sistema scolastico, tenendo conto che il lavoro di domani non potrà essere più ripetitivo e procedurale, ma sarà basato sulla creatività, l’intraprendenza, la progettazione e l’adattabilità. In più, “dovrà essere assicurata dalla disponibilità di servizi efficaci e capillari di informazione, orientamento, formazione, riqualificazione, assistenza intensiva nella transizione verso il lavoro più produttivo”.

Perciò, con questo fenomeno di sostituzione e trasformazione del lavoro, sono già stati creati tra il 1999 e il 2010 circa 11,6 milioni di posti di lavoro aggiuntivi, oltre che essere aumentate la qualità del lavoro, della produttività e della vita dei lavoratori.
Inoltre, i sistemi di intelligenza artificiale e i robot potranno essere utilizzati in modo da affiancare i lavoratori nello svolgimento delle loro mansioni oppure aiutarli a ridurre il carico fisico del lavoro dagli stessi realizzato.
Così, Rethink Robotics dal 2012 produce Baxter, un robot collaborativo progettato per lavorare insieme agli umani e capace in un primo tempo di svolgere diversi compiti, imparando dal lavoro svolto dai lavoratori. La versione più evoluta di Baxter è persino in grado di dare consigli ai lavoratori con i quali coabita sugli eventuali modi più efficaci per svolgere le loro mansioni, “arrivando ad una situazione di vero e proprio ambiente collaborativo tra robot e lavoratori”. Ancora più emblematico, il caso di Ekso, un robot indossabile (esoscheletro) in sperimentazione alla Ford che agevola gli operai facendosi carico del peso – fino a 6,5 kili – che grava sulle loro braccia. La sperimentazione che doveva concludersi nel 2017 è stata prolungata su richiesta dei lavoratori, illustrando così la possibile perfetta collaborazione tra nuove tecnologie e lavoratori.
La paura di vedere i robot sostituire l’uomo in ambito lavorativo non deve quindi oscurare il potenziale di queste nuove tecnologie, ovvero “gli effetti che l’innovazione tecnologica esercita sull’economia in termini di nuovi settori e prodotti e quindi di nuova occupazione ad essi collegata”.
Infine, anche con tutti i loro vantaggi, i robot possono compiere autonomamente i processi industriali di tutti i prodotti a differenza dell’uomo che dispone di senso della qualità, professionalità e/o estetica che nessun robot può eguagliare.

 

Profili assicurativo-previdenziali

Un’altra preoccupazione legata all’eventuale sostituzione dei lavoratori con le nuove tecnologie, è il mancato versamento di contributi assicurativo-previdenziali che ne seguirebbe e le evidenti conseguenze per le casse dello Stato. Da lì, la proposta di Bill Gates, poi ripresa da diversi politici in vari paesi del mondo, di applicare una tassa sui robot, necessaria anche per finanziare il sostegno e la riqualificazione dei lavoratori disoccupati.
Secondo alcune fonti, però, tale tassa gioverebbe poco ai lavoratori e non farebbe altro che ritardare la trasformazione del lavoro. Così, “il problema non è di ritardare il progresso tecnologico, ma di redistribuirne i benefici e di riqualificare le persone cui i robot si sostituiscono, in modo che esse possano dedicarsi ai molti altri lavori richiesti ma vacanti già oggi, e soprattutto all'infinità di lavori nuovi che saranno richiesti domani e che le macchine non potranno svolgere”.
D’altronde, come già evidenziato, l’emergenza delle nuove tecnologie non deve essere vista come un competitor del lavoro umano, bensì come un nuovo modo per affiancarlo. L’avvento di robot capaci di aiutare i lavoratori nei loro compiti così come di alleggerire le loro mansioni fisiche ha, pertanto, anche come conseguenza quella di ridurre i costi previdenziali ad esempio legati a infortuni e malattie del lavoro, così come potrà permettere di lavorare più a lungo.

 

Conclusione

In conclusione, sia per quello che riguarda i profili assicurativo-previdenziali, oltre che come un problema o una minaccia, l’emergenza delle nuove tecnologie deve essere vista come un’opportuntà e un vettore di trasformazione dell’ambito lavorativo.
Questo, necessita però che siano prese le misure adatte per facilitare l’accesso a percorsi di formazione verso i nuovi lavori e affiancare i lavoratori in questo mutamento sociale.
Da questa trasformazione, potranno infatti nascere nuovi lavori così come l’avvento dei robot potrà facilitare il lavoro e la qualità di vita dei lavoratori.
Inoltre, è indubbio che le macchine non potranno mai sostituirsi interamente al lavoro umano come per esempio nei mestieri di pregio artigianale, i quali potrebbero vedersi rilanciati.
Infine, va ricordato che il robot è un prodotto dell’uomo e solo se l’uomo dimenticherà questo presupposto potranno verificarsi le conseguenze descritte dalle più allarmanti penne della letteratura economica e sociale.


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