Responsabilità del venditore: non lamenta anomalie al momento della consegna, chi risponde?

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La responsabilità del venditore per vizi e difetti dei prodotti.

Il cliente non è tenuto a lamentare il difetto di un prodotto solo ed esclusivamente al momento dell’acquisto né a dimostrare di che genere di problema si tratti: il suo unico onere è quello di denunciare il difetto riscontrato entro il limite di due mesi dalla sua scoperta.

La responsabilità del venditore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26158/21 del 27 settembre 2021, ha riaffermato un principio fondamentale a tutela del consumatore dando ragione a un ricorrente che aveva acquistato un televisore rivelatosi difettoso dopo una settimana e che si era visto respingere dal venditore qualsiasi assistenza e presa in carico del problema in quanto, al momento dell’acquisto, il bene era stato visionato da entrambe le parti senza il riscontro di alcun vizio.

 

⇒Cass. civ., sez. VI .27 settembre 2021, n. 26158 ⇐

Televisore consegnato a casa: l'acquirente riscontra che il prodotto non presenta alcuna anomalia. Ciò però non basta automaticamente per salvare il venditore dalle lamentele e dalle pretese economiche del cliente che, pochi giorni dopo il recapito a domicilio, ha dovuto prendere atto della rottura del display, rottura concretizzatasi in una striscia orizzontale nella parte centrale dello schermo e tale da offuscare la regolare visione dei programmi. (Cass. civ., sez. VI, ord., 27 settembre 2021, n. 26158).

Il caso: responsabilità del venditore

Un signore aveva acquistato un televisore per l’importo di € 1.590,00. Nell’operazione di consegna l’acquirente sottoscriveva anche il documento di accettazione attestante l’assenza di qualsiasi difetto del prodotto. A circa una settimana dall’utilizzo compariva sullo schermo una striscia orizzontale nella parte centrale dello schermo, che ne offuscava la vista. Da qui, dopo aver denunciato il fatto alla società venditrice, si vedeva negato il rimborso della somma spesa per l’acquisto del televisore e, per questo, decideva di adire le vie legali.

In prima battuta il giudice di pace condannava il venditore alla restituzione del prezzo pagato dal consumatore per l’acquisto del televisore. La società venditrice decideva di impugnare la sentenza di primo grado e di proporre appello.

In quest’ultima sede la decisione del giudice di primo grado veniva ribaltata, quindi la società venditrice non veniva ritenuta responsabile del danno emerso al televisore in data successiva alla consegna. Questa nuova decisione è stata presa basandosi sul presupposto che l’acquirente non avesse in alcun modo fornito prova circa il fatto che la rottura dello schermo fosse avvenuta per esclusiva responsabilità della società venditrice.

Per il giudice di Pace le lamentele del compratore sono sacrosante. Consequenziale, quindi, la decisione con cui viene dichiarata «la risoluzione del contratto di acquisto del televisore» e il venditore viene obbligato alla «restituzione del prezzo corrisposto», cioè 1.549 euro.

Di parere opposto, però, sono i giudici del Tribunale. Essi accolgono le obiezioni proposte dal venditore, poiché, osservano, «il compratore non ha dimostrato che la rottura dello schermo, denunciata dopo sette giorni dalla consegna, fosse da riferire al venditore», anche perché lo stesso compratore «ha riscontrato, il giorno della consegna, che il bene non aveva alcuna anomalia in ordine allo schermo, come da documento di accettazione da lui sottoscritto».

In Cassazione il compratore porta avanti la propria battaglia, ponendo in evidenza che «il vizio di rottura del display non è emerso né al momento della vendita né nei sette giorni successivi, trattandosi non già di una rottura fisica del televisore, bensì di una striscia orizzontale nella parte centrale dello schermo che offuscava la regolare visione dei programmi».

In premessa i giudici partono dalla «responsabilità del venditore nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene allorché tale difetto si palesi entro il termine di due anni dalla predetta consegna» e aggiungono che «il difetto di conformità consente al consumatore di esperire vari rimedi: egli potrà in primo luogo proporre al proprio dante causa la riparazione ovvero la sostituzione del bene e, solo in secondo luogo, potrà richiedere una congrua riduzione del prezzo oppure la risoluzione del contratto. Resta fermo che, per poter usufruire dei diritti citati, il consumatore ha l'onere di denunciare al venditore il difetto di conformità nel termine di due mesi decorrente dalla data della sua scoperta».

Allo stesso tempo, alla luce del Codice del Consumo, «si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, salvo che l'ipotesi in questione sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità. Si tratta di presunzione iuris tantum, superabile attraverso una prova contraria, finalizzata ad agevolare la posizione del consumatore: ne deriva che ove il difetto si manifesti entro tale termine, il consumatore gode di un'agevolazione probatoria, dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio e gravando conseguentemente sulla controparte l'onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita. Corollario di questo principio è che il consumatore deve provare l'inesatto adempimento mentre è onere del venditore provare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene» e «solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore dimostrare l'esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore».

Il quadro normativo conduce a ritenere che «la responsabilità da prodotto difettoso abbia natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall'accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto. Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno e, una volta fornita tale prova, incombe sul produttore la corrispondente prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione, o che all'epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnicoscientifiche».

È evidente, però, osservano i Giudici, che «il venditore, a differenza del consumatore, può avvalersi più facilmente di mezzi organizzativi e delle competenze tecniche che consentono di effettuare la necessaria diagnosi del problema al fine di appurare l'esistenza del vizio». E difatti la direttiva comunitaria sulle «garanzie dei beni di consumo» indica «il nucleo essenziale dei diritti del consumatore e, rimarcando il principio di gratuità, stabilisce che il venditore è responsabile quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene» e allo stesso tempo sancisce che «gli Stati membri possono prevedere che grava sul consumatore, per esercitare i suoi diritti, l'onere di denunciare al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha constatato siffatto difetto».

In sostanza, «grava sul consumatore il solo onere di denunciare il difetto di conformità, che è da considerarsi assolto nel momento in cui egli comunichi tempestivamente al venditore l'esistenza del difetto di conformità, non occorrendo», precisano i Giudici, «che venga altresì fornita la prova di tale difetto, né che venga indicata la causa precisa di tale difetto. Infatti, risulterebbe troppo oneroso per il consumatore, in fase di presentazione della denuncia di non conformità del prodotto, assolvere l'onere probatorio mediante l'allegazione del vizio specifico da cui è affetto il prodotto, ciò che richiederebbe l'accesso a dati tecnici del prodotto nonché un'assistenza tecnica specializzata, che invece si trovano nella più agevole disponibilità del venditore (e che a questi non sarebbe eccessivamente oneroso chiedere di apprestare in occasione della diagnosi della natura del difetto di conformità denunciato)»

Passando dal quadro generale ai dettagli della vicenda, allora, «accertata la tempestività della denuncia del vizio denunciato entro due mesi dalla scoperta del vizio e, trattandosi di vizio che si era manifestato entro sei mesi dalla consegna del televisore», sarebbe stato corretto applicare «la presunzione di responsabilità a carico del venditore», chiariscono i Giudici della Cassazione.

E questa valutazione non può essere messa in discussione dalla constatazione che «il televisore era stato controllato prima della vendita e al momento della consegna», poiché «era, invece, necessario verificare, al momento della denuncia del vizio, la causa che lo aveva generato, facendo ricorso all'assistenza tecnica di cui disponeva il venditore». E «solo all'esito di tale accertamento», si potrebbe fare riferimento a un possibile «uso anomalo del bene».

Un buon risultato per la categoria dei consumatori che spesso si trovano nella difficoltà oggettiva di poter dimostrare che il danno emerso in seguito all'acquisto  non è ascrivibile a una propria responsabilità bensì ad una diretta responsabilità del venditore.


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