News/Negato il cambio per recarsi in bagno: lesione del diritto alla dignità della persona

Lesione del diritto alla dignità della persona. Non gli danno il cambio per recarsi in bagno: risarcito il dipendente

Tra gli obblighi del datore di lavoro, nell’ambito di un rapporto di lavoro, ex art. 2087 c.c., rientrano la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, considerati questi come diritti inviolabili della persona.

(Tribunale di Lanciano, sez. Lavoro, sentenza n. 111/19; depositata il 23 settembre)

La vicenda.

Un operaio, impiegato a tempo pieno e indeterminato in una s.p.a. e addetto a lavori di produzione dichiarava che durante un turno avvertiva il bisogno di recarsi alla toilette ed azionava il dispositivo di chiamata/emergenza al fine di potersi allontanare dalla postazione di lavoro nel rispetto della procedura, ma nessun preposto si recava alla sua postazione; resisteva per quanto possibile per non abbandonare la sua postazione senza autorizzazione, ma giunto allo stremo della resistenza, lasciava la postazione, correva alla toilette non riuscendo però ad evitare di minzionarsi nei pantaloni; gli veniva negato di cambiarsi immediatamente, ma poteva farlo solo durante la pausa dopo parecchie ore, rimanendo in tal condizione dinanzi ai colleghi.
Chiedeva dunque venisse accertata la lesione del diritto alla dignità della persona sul luogo di lavoro e venisse condannata la società datrice di lavoro al risarcimento del danno subito.

Il risarcimento riconosciuto al lavoratore.

Nell’ambito del rapporto di lavoro, dalla violazione dell’obbligo del datore di lavoro di tutelare non solo l’integrità fisica, ma anche la personalità morale del lavoratore, ex art. 2087 c.c., vengono in considerazione i diritti della persona del lavoratore, diritti inviolabili, la cui lesione dà luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali che ne derivano, da inadempimento contrattuale.
Nel caso in esame, infatti, il datore di lavoro non ha adottato tutti gli elementi idonei a salvaguardare la personalità morale del lavoratore, in violazione del succitato art. 2087 c.c.. Dalle prove raccolte in odine alla gravità del suddetto fatto, i Giudici del Tribunale hanno affermato che «il datore di lavoro ha arrecato concreto e grave pregiudizio alla dignità personale del lavoratore nel luogo di lavoro, al suo onore e alla sua reputazione, indubbiamente derivato dall’imbarazzo di essere osservato dai colleghi di lavoro con i pantaloni bagnati per essersi minzionato addosso». La liquidazione del suddetto danno non può che avvenire in via equitativa in ragione del carattere strettamente personale del diritto leso. Accolto, dunque, il ricorso del lavoratore.

fonte DeJure


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