Responsabilità medica: Mancata diagnosi e diritto all’autodeterminazione

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Mancata diagnosi e lesione del diritto all’autodeterminazione

La mancata diagnosi di una patologia ad esito sicuramente infausto lede il diritto del paziente a compiere scelte consapevoli per il tempo che gli resta da vivere.
In questo caso la mancata diagnosi di melanoma ha negato alla paziente un “ventaglio” di opzioni con le quali affrontare la prospettiva della fine ormai prossima
La Cassazione con la sentenza n. 34813/2021 ritorna ad occuparsi del delicato problema della mancata diagnosi di una malattia inguaribile ponendo l’accento sul fatto che, il bene oggetto di lesione non è soltanto la salute ma anche il diritto del paziente di scegliere autonomamente come vivere l’ultima parte della propria vita ( cd. diritto all’autodeterminazione )

SCARICA QUI LA SENTENZA  ⇒Corte di Cassazione Sent. 17 novembre 2021 n. 34813 ⇐

 

IL FATTO

La questione trae origine dalla mancata diagnosi di una malattia oncologica (melanoma) nei confronti di una paziente che aveva effettuato un controllo dal proprio dermatologo. Questi non era stato considerato responsabile della morte del paziente né in primo né in secondo grado.
Infatti, nonostante fosse stato riconosciuto che il medico non si era accorto immediatamente della presenza di un melanoma, era altresì stato dimostrato che sin dalla prima visita la malattia era già in uno stato avanzato di metastasi.
Purtroppo la malattia era “non guaribile” sin dal primo consulto, pertanto il decesso sarebbe stato comunque inevitabile anche se il dermatologo si fosse accorto della presenza del melanoma e del conseguente stato metastatico. Non risultava provato, in particolare, che un'immediata diagnosi corretta avrebbe garantito un prolungamento della vita della paziente.

 

La DECISIONE DELLA CORTE

Gli Ermellini, con la sentenza n. 34813/2021, hanno ritenuto le doglianze fondate.
Il ricorrente, infatti, lamentava la lesione del diritto all’autodeterminazione della donna, la quale, se resa consapevole tempestivamente della malattia infausta, avrebbe avuto la facoltà di determinarsi liberamente nella scelta dei percorsi da intraprendere nell’ultima fase della sua vita. Pertanto, ciò che rilevava non era la lesione del bene salute o della perdita di chance, quanto la lesione di un bene autonomo di per sé risarcibile in quanto tutelato dalla Costituzione e cioè il "diritto ad autodeterminarsi"

Nel caso in oggetto la condotta del medico non ha cagionato la morte della paziente che, secondo la Corte d’appello, si sarebbe comunque verificata, ma ha comportato un peggioramento del restante  periodo .
In conclusione il principio che la Corte d’appello dovrà applicare sarà il seguente: in tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in quanto essa nega al paziente, oltre che di essere messo nelle condizioni di scegliere “cosa fare”(nell’ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino all’esito infausto) anche di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato l’esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino a quell’esito.

Il punto centrale della decisione dei Supremi Giudici è che, se il medico si fosse accorto della malattia, la donna avrebbe potuto vivere il tempo rimasto con coscienza e consapevolezza; ad essere leso dunque, non è solo il bene salute, ma anche il diritto all’autodeterminazione della persona. La mancata diagnosi ha impedito alla donna di decidere come gestire il tempo a sua disposizione, scegliere tra più terapie oncologiche oppure ricorrere alla medicina alternativa,quindi la condotta del medico ha inciso sull’organizzazione della vita della donna. La mancata o tardiva diagnosi ha impedito alla paziente di programmare quello che restava della sua vita, peggiorandone la qualità della vita stessa. Dunque per la Suprema Corte la Corte d’Appello ha sbagliato  a non concedere il risarcimento dei danni agli eredi della defunta.


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