Account bloccato ingiustamente? Facebook condannato a risarcire l’utente

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Ingiusta sospensione dell' account: Facebook condannato a risarcire l'utente il cui account era stato ingiustamente bloccato

Varie sono le ragioni che possono portare il team di sicurezza del social network a sospendere (o bloccare in maniera definitiva) l'account di un utente. Solitamente, però, l'account Facebook viene sospeso a causa di una violazione della Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità che l'utente accetta tacitamente al momento dell'iscrizione a Facebook.

La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza n. 1659/2021, ha fatto il punto sul rapporto contrattuale che si instaura quando ci si iscrive a un social network, in seguito al ricorso proposto da parte di un utente il cui account è stato ingiustamente bloccato  per alcuni suoi post e commenti online.

La Corte d'Appello di L'Aquila ha avuto modo di decidere sul ricorso presentato da parte di un utentesospeso da Facebook per violazione degli “standard della comunità”, in seguito alla pubblicazione di alcune foto, post e commenti pieni di disprezzo.

L'articolo 3 della Dichiarazione, in particolare, evidenzia alcuni comportamenti degli utenti che possono pregiudicare l'esperienza di utilizzo da parte della community. È vietato pubblicare contenuti di spam come pubblicità non autorizzata o messaggi ripetuti all'interno di un gruppo o una Pagina Fan; non è consentito caricare virus o altro codice malevolo, mentre sono considerati contenuti inappropriati post con porno, con incitazioni all'odio o alla violenza o con immagini di nudo o di violenza esplicita o gratuita.

Se si ritiene che l'account Facebook disabilitato sia un errore del team di sicurezza di Facebook, l'utente può decidere di appellarsi alla decisione e presentare "ricorso".

 

Scarica qui la sentenza⇒ Corte d’Appello di L’Aquila, sentenza n. 1659/2021

La Corte territoriale ha avuto modo di sottolineare che «si stipula un contratto per adesione mediante il ricorso a moduli online predisposti unilateralmente dal social network alle cui clausole si applica la legge italiana. L'utente/consumatore può scegliere la giurisdizione competente in base al regolamento Ce 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. L'adesione al contratto comporta  doveri reciproci. Se da un lato Facebook mette a disposizione una community, dall'altro l'utente concede al social network la facoltà di usare, a determinate condizioni, i propri dati personali. Si tratta quindi di un contratto a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive, dove il “prezzo” pagato dall'utente è rappresentato dalla concessione per fini commerciali dei propri dati personali».

Ne consegue che ogni social network può introdurre clausole che gli attribuiscono poteri di rimozione dei post degli utenti e di sospensione degli account, che non possono essere considerate vessatorie. È però dovere dei social network valutare attentamente  i post per determinare poi se risultino davvero offensivi o contrari agli “standard” della comunità prima di sospendere o rimuovere un account.

Il Collegio ha ritenuto, quindi, lecite le prime due sospensioni dell'account effettuate per commenti lesivi dell'altrui reputazione, mentre ha ritenuto illegittime le successive, poiché «la mera pubblicazione di una foto con un commento che si limita all'espressione del proprio pensiero (…) non si ritiene sufficiente a violare gli standard della comunità».

Per questi motivi, i giudici del merito hanno poi ridotto il risarcimento dovuto all'utente .

E' questo un giudizio delicato che però impone ai social network in generale un dovere di attenta verifica delle segnalazioni.

In realtà  è accaduto in passato ma altre pronunce hanno stabilito il diritto dell’utente alla riattivazione del proprio account bloccato o rimosso senza spiegazioni: il tribunale di Bologna ha condannato Facebook a risarcire un utente, che aveva subìto non solo la sospensione di suoi account nonchè pagine social, ma anche la cancellazione dei dati.

Il Tribunale di Pordenone inoltre ha condannato Facebook alla immediata riattivazione del profilo di un utente sospeso per aver pubblicato un estratto di una partita di tennis, subito cancellato, che sarebbe stato protetto da copyright. Anche in questo caso per il giudice non c’è dubbio che l’utente abbia diritto di difendersi e a veder riattivato il proprio profilo quando la condotta non sia così grave da legittimare la chiusura dell’account: ecco perchè il giudice dispone una condanna pari al pagamento di 150 euro di indennizzo per ogni giorno di ritardo nella riattivazione dell'account.


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