News/Patologia preesistente: l’ospedale risponde solo del danno differenziale?

Responsabilità medica

Ospedale risponde solo del danno differenziale se c'è patologia preesistente

La Cassazione civile (sentenza n. 514/2020) applica il criterio di causalità giuridica e ascrive all'autore dell'illecito solo la percentuale di responsabilità relativa al peggioramento delle condizioni del malato

Cosa accade nel caso i cui la vittima presenti una patologia preesistente e la condotta omissiva del medico abbia concausato il consolidarsi di postumi più gravi, rispetto a quelli che avrebbe patito se fosse stata sana al momento dell'illecito?
A questo interrogativo risponde la Corte di Cassazione con la sentenza 15 gennaio 2020, n. 514 .
Secondo i giudici, se la patologia da cui è affetto il malato subisce un peggioramento a causa dell’errata e/o omessa diagnosi, la struttura sanitaria non risponde del danno complessivamente inteso. Infatti, occorre applicare il criterio di causalità giuridica e ascrivere all’autore dell’illecito solo la percentuale di responsabilità relativa al peggioramento delle condizioni del malato (cd "danno differenziale").

Sommario

La vicenda
Danno prodotto da cause naturali ed errore umano
Principi di diritto in materia di cause coesistenti o concorrenti
Causalità giuridica e giudizio controfattuale
Perdita della capacità lavorativa specifica
Conclusioni

Danno differenziale: la vicenda


Un uomo agiva in giudizio contro due diverse ASL per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, a cagione dell’omessa diagnosi e dell’omessa tempestiva cura di un ictus cerebrale, a cui era seguita una tetraparesi del lato destro del corpo. In primo e secondo grado, la domanda veniva accolta nei confronti di una sola delle ASL citate e veniva ascritta alla convenuta una responsabilità pari al 20%, limitando il risarcimento al solo danno non patrimoniale. Era risultata pacifica la circostanza dell’omessa diagnosi; inoltre, dalle risultanze della CTU era emerso che, in caso di ictus, la terapia andasse avviata nelle prime tre ore, diversamente la sua efficacia nel diminuire le conseguenze invalidanti sarebbe risultata pressoché nulla. I giudici avevano escluso che l’omessa diagnosi avesse avuto un’incidenza causale nell’aggravamento delle condizioni del paziente, in quanto il malato era giunto in ospedale, quando ormai la fase acuta si era esaurita. In sede di merito, veniva rigettata la richiesta del danno patrimoniale consistente nella perdita della capacità lavorativa specifica, in quanto il pregiudizio si sarebbe realizzato in egual misura anche in caso di diagnosi e terapia tempestive. Avverso tale decisione, l’uomo ricorre in Cassazione.

Danno prodotto da cause naturali ed errore umano

Nel caso in esame, il paziente aveva subito una paresi del lato destro del corpo a causa di un ictus e imputava l’aggravamento delle proprie condizioni all’omessa diagnosi e, conseguentemente, all’omessa terapia, da parte degli ospedali in cui era stato ricoverato. La paresi era il risultato sia di cause naturali che umane, entrambe dotate di pari efficienza causale, secondo il ricorrente e, pertanto, il risarcimento del danno andava riconosciuto integralmente. I giudici di legittimità respingono la ricostruzione dell’uomo e precisano che, in tal modo opinando, si confondono due piani che, invece, vanno tenuti distinti. In particolare, occorre sceverare:
da una parte, l’evento lesivo caratterizzato dall’ictus, da valutare in base all’art. 41 c.p. e art. 1227 c.c.;
dall’altra, le conseguenze dannose, vale a dire il grado di invalidità patito dall’uomo, da valutarsi ex art. 1223 c.c.
In buona sostanza, si tratta della duplice valutazione della causalità, materiale e giuridica, infatti:
sotto il profilo della causalità materiale, risulta indifferente il fatto che la condotta umana (attiva od omissiva) concorra con la causa naturale nella produzione dell’evento lesivo (contra: Cass. 975/2009);
sotto il profilo della causalità giuridica, le conseguenze dannose discese dall’evento vanno liquidate secondo «la loro effettiva e complessiva consistenza, attribuendo all'autore dell'illecito la (sola) percentuale di aggravamento della situazione preesistente» (Cass. 15991/2011; Cass. 28986/2019).
L'accertamento del primo dei due nessi è necessario per stabilire se vi sia responsabilità e a chi vada imputata; l'accertamento del secondo nesso serve a stabilire la misura del risarcimento. La mentovata distinzione è l'unica in grado di offrire una soluzione al problema del concorso tra cause umane (come l’omessa o ritardata diagnosi) e cause naturali nella produzione dell'evento dannoso (Cass. 28986/2019).

Principi di diritto in materia di cause coesistenti o concorrenti

La Suprema Corte richiama i principi di diritto già espressi (Cass. 28986/2019) in materia di cause preesistenti, concorrenti e coesistenti, che schematizziamo come segue.
1) Occorre valutare lo stato anteriore di salute della vittima, in quanto le lesioni personali patite a causa dell’illecito (o le menomazioni) possono essere state concausate dalle condizioni pregresse del malato.
2) Sotto il profilo della causalità materiale (ossia del nesso che collega la condotta all'evento e fonda la responsabilità) la concausa delle lesioni è giuridicamente irrilevante. Questo perché il concorso del fatto dell'uomo (la ritardata diagnosi) con la concausa naturale rende quest'ultima giuridicamente irrilevante in virtù del precetto dell'equivalenza causale (art. 41 c.p.).
3) La menomazione preesistente può essere concorrente o coesistente col maggior danno causato dall'illecito:
«sono "coesistenti" le menomazioni i cui effetti invalidanti non mutano per il fatto che si presentino sole od associate ad altre menomazioni, anche se afferenti ai medesimi organi»;
«sono "concorrenti" le menomazioni i cui effetti invalidanti sono meno gravi se isolate, e più gravi se associate ad altre menomazioni, anche se afferenti ad organi diversi».
4) Le menomazioni coesistenti solitamente sono irrilevanti ai fini della liquidazione.
5) Le menomazioni concorrenti – ossia quelle che aggravano l’invalidità preesistente – sono rilevanti e vanno valutate:
considerando l’invalidità complessiva del soggetto, data dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall’illecito; tale invalidità in punti percentuali va convertita in denaro;
considerando l’invalidità preesistente all’illecito e convertendola in denaro («lo stato di validità anteriore al sinistro dovrà essere però considerato pari al 100% in tutti quei casi in cui le patologie pregresse di cui il danneggiato era portatore non gli impedivano di condurre una vita normale»);
ciò premesso, occorre sottrarre l’importo corrispondente all’invalidità preesistente (sub b) dall’importo corrispondente all’invalidità complessiva (sub a)

Facciamo un esempio.
Nel caso in esame, l’invalidità complessivamente accertata è pari al 65% (sub a), mentre l’invalidità pregressa è del 45% (sub b); pertanto, il giudice liquiderà un valore monetario pari al 20% (ossia 65% - 45%).
6) Nel caso in cui l’applicazione del criterio di calcolo di cui sopra conduca a risultati iniqui, il giudice ha il potere-dovere di ricorrere all'equità correttiva.

Causalità giuridica e giudizio controfattuale

Come abbiamo visto, sotto il profilo della responsabilità da ascrivere all’autore dell’illecito, occorre indagare la causalità giuridica, ossia valutare quale danno sia stato conseguenza immediata e diretta della condotta. Tale indagine va effettuata con il giudizio controfattuale, ossia occorre accertare cosa sarebbe accaduto se l’illecito (l’errore medico) non si fosse realizzato.
Se la circostanza che l’ictus fosse in corso (quindi preesistente) ha aggravato il danno patito dalla vittima, allora il danno (ossia la paresi del lato destro del corpo) non è nella sua interezza una conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, ma lo è soltanto per la parte che si sarebbe ugualmente verificata, anche se la vittima fosse stata sana. Per il residuo, il danno è una conseguenza mediata, perché alla sua produzione hanno concorso sia l'illecito, sia le preesistenze; «per questa parte, dunque, il danno, benché in toto imputabile sul piano della causalità materiale [per il principio dell’equivalenza causale] non è integralmente risarcibile, ai sensi dell'art. 1223 c.c.» (Cass. 28986/2019).

Perdita della capacità lavorativa specifica

Tra i motivi di ricorso, viene censurato il mancato risarcimento della perdita della capacità lavorativa specifica. L’uomo svolgeva la professione di falegname e la paresi da cui è stato colpito gli ha impedito di proseguire la propria attività. Ricordiamo che la capacità lavorativa, astrattamente intesa, è l’idoneità di un soggetto a produrre un reddito; la giurisprudenza ne distingue due forme:
capacità lavorativa generica: ossia la possibilità di svolgere qualsiasi lavoro, anche diverso dal proprio, ma confacente con le proprie attitudini (danno non patrimoniale);
capacità lavorativa specifica: ossia l’idoneità a svolgere la propria attuale occupazione, ad esempio, il falegname (danno patrimoniale).
Nella fattispecie che ci occupa, la vittima lamenta la mancata liquidazione di tale posta di danno; ebbene, la suprema corte considera infondata la doglianza giacché il danno-evento cagionato dai sanitari è rappresentato dalla perdita dell’integrità fisica dal 45% al 65%; ne consegue che l’incapacità lavorativa specifica si sarebbe comunque prodotta, anche in assenza dell’errore medico.

Danno differenziale: conclusioni

In conclusione, con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione affronta il tema dell’errata e/o omessa diagnosi nel caso di una situazione pregressa di compromissione della salute, in cui possono aversi menomazioni coesistenti e concorrenti. Le menomazioni concorrenti, come quelle verificatesi nella fattispecie concreta, producono effetti invalidanti che risultano più gravi se associate ad altre menomazioni. In tale circostanza, è dovuto solo il danno differenziale; ossia la liquidazione della lesione deve avvenire sottraendo alla percentuale di invalidità complessiva quella preesistente. Infatti, il danno biologico patito da persona già portatrice di postumi è pari alla differenza tra le conseguenze complessivamente patite dalla vittima (i postumi complessivi) e le più lievi conseguenze dannose che avrebbe patito a causa della sua patologia pregressa, se l’illecito non si fosse verificato (Cass. 28986/2019). Pertanto, deve ascriversi al nosocomio, responsabile dell’omessa diagnosi, la percentuale di responsabilità relativa al solo aggravamento della situazione preesistente (danno differenziale) e non dell’intero danno.

fonte altalex


Lo Studio Legale Gaudiello è a vostra completa disposizione, chiunque può rivolgersi per qualsiasi dubbio, chiarimento o problema legale, contando su un’assistenza tempestiva e altamente professionale.
Raccontaci la tua storia attraverso il sito o Contattaci.
Qualora necessiti di una assistenza legale potrai richiedere (anche online) un preventivo di spesa gratuito e non impegnativo


torna su

Richiesta appuntamento

scrivici o contattaci telefonicamente per fissare un appuntamento presso lo studio legale

    Nome *

    Cognome *

    Data di nascita

    Email *

    Cellulare *

    Telefono fisso

    Città

    Il mio problema riguarda (richiesto)

    Motivo della consulenza (richiesto)
    Descrivi il tuo problema, ci aiuterà a trovare la soluzione migliore

    Aiutaci a capire meglio: allega una documento che descriva il problema (formati: doc, docx, pdf max 2MB)

    * Ho letto e acconsento al trattamento dei dati personali secondo la Privacy Policy