Buoni fruttiferi postali (Bfp) e morte del cointestatario

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BUONI FRUTTIFERI POSTALI COINTESTATI

Cosa accade in caso di decesso di uno dei contestatari?

Considerata la durata trentennale dei buoni fruttiferi, molti di essi sono venuti a scadenza negli ultimi anni ed i loro titolari hanno avuto non poche sorprese. Sono moltissimi i casi di intestatari che si sono visti rifiutare il rimborso da Poste Italiane in ragione del decesso di un altro cointestatario del medesimo buono.

È prassi consolidata di Poste Italiane richiedere la quietanza di tutti gli aventi diritto, e, quindi, degli eredi del cointestatario defunto, al fine di consentire la riscossione del buono. Ciò avviene nonostante la presenza della clausola di “pari facoltà di rimborso” (abbreviata in “PFR”) apposta sui singoli buoni, che in sostanza rende l’obbligazione solidale dal lato attivo.

Com’è facile immaginare, ciò ha creato non pochi problemi, non essendo affatto remota l’ipotesi del decesso di uno dei cointestatari decorsi spesso trenta e più anni dalla sottoscrizione del buono.

In materia di buoni postali fruttiferi cointestati e recanti clausola “pari facoltà di rimborso”, in caso di morte di uno dei cointestatari, ciascun superstite è legittimato ad ottenere il rimborso dell’intera somma portata dal documento.

Questo il principio di diritto espresso nella ordinanza n. 4280/2022, emessa dalla VI sezione civile della Suprema Corte.

IL FATTO

Il Tribunale di Cosenza aveva ingiunto a Poste italiane il pagamento degli importi relativi a n. 13 buoni fruttiferi, recanti clausola “pari facoltà di rimborso”, in favore degli eredi dei cointestatari originari dei suddetti documenti, nonostante l'assenza della firma di uno dei coeredi, nella quietanza.

Mentre la successiva opposizione avanzata dall'Ente era stata rigettata, a seguito dell'appello la Corte di Catanzaro aveva accolto il gravame e revocato il decreto ingiuntivo.

Secondo la Corte del merito, infatti, ai suddetti documenti doveva applicarsi, per analogia, la normativa contenuta nell'art. 187, comma 1, D.P.R. n. 256/1989, in tema di libretti di risparmio, di guisa che il rimborso a saldo del credito cointestato, anche con clausola di pari facoltà a due o più persone, poteva essere eseguito – in caso di decesso di uno dei due cointestatari – solo con quietanza di tutti gli aventi diritto.

LA CASSAZIONE

E' stato proposto ricorso in Cassazione da parte di uno dei coeredi contro questa pronuncia, .Tale ricorso è stato affidato a due motivi di diritto.

Con il primo è stata sollevata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 187, D.P.R n. 256/1989, 1292 c.c., 456 c.c., 1772 c.c. e degli artt. 4 e 5l. n. 2248/1865, all. E, asserendo che un buono con clausola di pari facoltà di rimborso costituisce una forma di comunione ordinaria in virtù del quale ciascuno dei comproprietari è legittimato a disporne.

Con il secondo motivo è stata lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 645 c.p.c., sostenendo che la Corte d'Appello avrebbe dovuto disporre il pagamento alla ricorrente di quanto a lei dovuto pro quota, in qualità di erede.

La Suprema Corte ha ritenuto condivisibili entrambi i motivi di doglianza, affermando che è da escludere l'applicabilità dell'art. 187 D.P.R. n. 256/1989 in tema di libretti di risparmio, ai buoni fruttiferi postali poiché se è vero che entrambi non sono titoli di credito ma appartengono alla specie dei documenti di legittimazione, tra i due ricorre una rilevante differenza.

Essa involve il funzionamento della clausola di pari facoltà di rimborso in caso di morte di uno dei cointestari poiché i buoni fruttiferi, a differenza dei libretti postali, viaggiano “a vista”: ne deriva che la diversa natura consente a ciascun cointestatario, in caso di decesso dell'altro, di chiederne il pagamento per l'intero, laddove vi sia apposta la clausola di pari facoltà di rimborso. Ciò perché i buoni fruttiferi si caratterizzano per un marcato rafforzamento del diritto di credito dell'intera somma portata dal documento ad ottenerne il rimborso “a vista”; il che si traduce nell'incanalamento della fase di pagamento della somma portata dal titolo su un unico, prefissato, binario, quale il pagamento, appunto, a vista, all'intestatario.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e rinviato la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità


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